mercoledì, novembre 18, 2009

Approfondimenti: No logo

Approfondimento più generale dell’articolo sui discount (Voce Arancio, 18/11/09)

Il reporter Tony Dokoupil, sul Newsweek, parla di “murketing”, parola formata da “murky” (buio, oscuro) e “marketing”. Un’azienda americana che lo pratica, nel campo della moda, è American Apparel (intimo e moda sportiva). I suoi prodotti (soprattutto i leggings, pantacalze anni Ottanta) sono molto usati nei servizi fotografici d’alta moda in virtù della loro semplicità e “neutralità”. E costano relativamente poco: da 20 a 50 euro. In più, American Apparel usa come modelle ragazze normali, privando la marca di una connotazione strettamente “glamour”.

L’assenza di marchi come incentivo a consumare di meno. È il caso di una proposta legge riguardante le sigarette, in discussione alla Comunità Europea: vorrebbero confezionarle in un “pacchetto generico”, privo di brand e con un solo logo per tutti i produttori. Lo scopo è ridurre la dipendenza da fumo, ma secondo alcuni avrebbe un effetto contrario, agevolando un maggior consumo, oltre al contrabbando e la contraffazione delle sigarette.

C’è anche chi il brand non lo vuole per protesta. Bibbia di questo gruppo di persone è No logo (2000), saggio della giornalista canadese Naomi Klein. Secondo l’autrice, si tende ad investire più sulla proposta di valori immateriali ideali che sulla produzione materiale: il valore di mercato non è più assegnato al prodotto ma alla marca. Negare il brand diventa anche una forma di ribellione alla globalizzazione che tende a dislocare la grande produzione in altri paesi, quasi sempre poveri e con manodopera a costo bassissimo.

Prima il marchio si nascondeva. «Fino ai primi anni Settanta, le marche sugli abiti erano generalmente nascoste alla vista, discretamente posizionate all’interno del colletto. Nella prima metà del secolo erano apparsi piccoli simboli all’esterno delle camicie, ma era un abbigliamento sportivo, riservato ai corsi di golf e ai campi da tennis dei ricchi. Alla fine degli anni Settanta, quando il mondo della moda si ribellò alle stravaganze dell’Era dell’Acquario, la tenuta da circolo sportivo degli anni Cinquanta divenne stile di massa per i nuovi tradizionalisti e i loro figli studenti delle scuole private. Il giocatore di polo Ralph Lauren e l’alligatore della Lacoste scapparono dai campi da golf e se ne andarono in giro per le strade, bene in evidenza sulle camicie. Questi logo avevano la stessa funzione sociale del cartellino del prezzo lasciato attaccato al vestito: tutti sapevano esattamente quale sovrapprezzo per il nome era disposto a pagare chi indossava quel capo» (Naomi Klein, No logo).

Il 2 aprile 1993 si annunciò che tutti i marchi erano morti. La storica marca di sigarette Marlboro entrò in crisi per la concorrenza dei prodotti senza marca, e la società produttrice, la Philip Morris, fu costretta a ridurre del 20% il prezzo delle sigarette. Il giorno dopo l’annuncio della riduzione, le quotazioni in borsa a Wall Street di molte grandi multinazionali (Heinz, Coca-Cola, Procter & Gamble) crollarono.

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